lunedì 12 giugno 2017

RAGIONAMENTO 1

Ciao a tutti ed eccomi.
Ci vuole un po' dopo un nuovo inizio per poter ripartire.
In questi mesi ho pubblicato molto perché c'erano molte cose che mi uscivano e che andavano dette in un modo o in un altro.
Adesso mi devo fermare. Deve cambiare il punto di vista sulle cose perché ora voglio parlare di un tema importante. Il ragionamento.
Voglio iniziare con una domanda.
Il ragionamento è qualcosa che fa capo solo al cervello?
Se dicessi che nel prendere una decisione sbagliamo pensando di ragionare prima di prenderla vi metto in difficoltà?

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venerdì 26 maggio 2017

INIZIO 8

Adesso vi dico un'altra cosa. Ci siamo lasciati dicendoci che dobbiamo iniziare fidandoci di una sensazione.
Ma attenzione a quale sensazione scegliamo! Quella di cui dobbiamo fidarci è quella che viene prima! Non quella che viene dopo che ci impedisce di essere lucidi.

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lunedì 22 maggio 2017

INIZIO 7

È proprio questa la parte più complicata. Si pensa che le difficoltà arrivino col tempo, ma più vado avanti e più credo che la difficoltà più grande sia all'inizio.
Dobbiamo convincerci che non possiamo avere la sfera di cristallo e che non possiamo sapere in anticipo cosa succederà.
Dobbiamo trovare il coraggio di iniziare fidandoci di una semplice sensazione.
Dobbiamo però cambiare punto di vista e capire che quella sensazione è ciò che ci deve spingere a muoverci in avanti.
Ma dobbiamo in qualche modo fidarci di quella.
Il resto viene da solo.

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mercoledì 17 maggio 2017

INIZIO 6

La difficoltà del circoscrivere una sensazione sta nel fatto che dobbiamo essere in grado di riconoscerla. Questo non è sempre semplice anche perché le sensazioni hanno un modo molto particolare di manifestarsi e quasi tutte si manifestano nello stesso punto e quasi nello stesso modo. Quello che dobbiamo fare è stare attenti per poterle riconoscere. Dobbiamo essere pronti a capire le minime differenze per qualificare qualcosa di molto complesso. Dobbiamo essere così precisi nel prestare attenzione e nell'essere costanti che dobbiamo fare in modo che si crei un automatismo il più presto possibile.
Solo allora potremo dire che saremo pronti per iniziare.
D'altra parte per partire bisogna avere gli strumenti giusti.

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lunedì 15 maggio 2017

INIZIO 5

Come già avrete capito voglio andare a parare sul fatto che l'inizio di una qualsiasi attività è sicuramente la parte più importante.
Perché?
Semplice. Provate a fare qualsiasi cosa senza iniziare a farla. Non è possibile.
Voglio circoscrivere tutto questo perché dobbiamo essere consapevoli che questa cosa esiste e che possiamo identificarla in ciò che ci fa stare bene.
Inizio alle volte è negativo, ma non perché stiamo facendo qualcosa di brutto. Semplicemente perché stiamo per affrontare il momento più complesso e decisivo! Solo che, alle volte, ci troviamo a vivere negativamente anche quello che stiamo per fare dopo e così anche la cosa più bella del mondo diventa quella più brutta.
Pensate a quando state per fare per la prima volta quella cosa che avete inseguito per tutta la vita. In quell'attimo provate una sensazione.
Positiva o negativa c'è il rischio che influisca su ciò che abbiamo in mente e, se non riusciamo a circoscrivere questa sensazione in qualche modo, non possiamo vivere bene ciò che ci aspetta dopo.

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giovedì 11 maggio 2017

INIZIO 4

Io penso proprio che l'inizio sia il primo momento di liberazione.
Ma ho anche un'altra domanda.
Quanto dura l'inizio?
Mi spiego meglio. Può essere che l'inizio abbia una durata?
Non sono impazzito, sto solo cercando di capire come fare a circoscrivere un momento importante.
Perché circoscriverlo? Perché ci aiuta a riconoscerlo e, se sappiamo riconoscerlo, sappiamo anche come ricercarlo.
Su questo tema mi piace spendere un po' di tempo ed un po' di fantasia perché è quello da cui parte tutto e non ho intenzione di lasciarlo passare senza averci "giocato" un po'.

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lunedì 8 maggio 2017

INIZIO 3

Eccoci ancora qui a parlare dell'inizio di qualcosa.
La volta scorsa vi avevo lasciati con delle domande ed ho ricevuto delle risposte davvero interessanti, ma continuo a farmi quella domanda ed a chiedermi cosa ci rende così vulnerabili.
L'inizio ha del paradossale secondo me.
È quella cosa che non vedi l'ora di fare, ma allo stesso tempo che è in grado di terrorizzarti.
È incredibile ragionare sulle forze che entrano in gioco quando si parla di questo argomento.
A proposito. Che forze ci sono in gioco? Perché entrano in conflitto? Perché non riusciamo a vincerle così facilmente?
L'inizio ci dimostra che siamo vulnerabili, ma l'atto dell'iniziare non è forse già il primo momento di liberazione?

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mercoledì 3 maggio 2017

INIZIO 2

Quello che mi sono sempre chiesto è cosa rende così complesso l'inizio di qualcosa.
Non ho mai saputo rispondere a questa domanda, ma so per certo che nonostante tutta la preparazione e la buona volontà, quando ci si trova a dover iniziare qualcosa, si prova quella strana sensazione che molte volte ci frena.
Cos'è che ci rende così vulnerabili?

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lunedì 1 maggio 2017

INIZIO 1

Tra una cosa ed un'altra siamo arrivati a Maggio.
Come al solito cambio argomento ad ogni mese che passa.
Quello di cui mi piacerebbe discutere ora è ciò che io ho sempre reputato ciò che è più difficile da raggiungere. È uno degli obiettivi più impegnativi che mi sia mai trovato a fissare.
Sto parlando dell'inizio. Ed intendo inizio come la capacità di rendere concretezza ciò che abbiamo nella nostra testa.
Voglio partire da una domanda che vi lascio.
Quanto è difficile per voi, dopo aver pianificato tutto, essere in grado di dire: "ok, partiamo!"?

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mercoledì 26 aprile 2017

BABELE 7 ED 8

Ciao a tutti ed eccoci.
Ho lasciato andare lunedì perché volevo dare ancora un po' di tempo per ragionare su un argomento che a me dà sempre molto da pensare.
Oggi scrivo e metto insieme, invece, due cose che vanno di pari passo. Faccio una ciò che non ho mai fatto fino ad oggi nelle pagine del mio blog: fondo due argomenti che vanno uniti. A mio avviso si intende.
Il primo argomento riguarda il momento specifico in cui ci rendiamo conto che il nostro corpo può produrre sensazioni che sono attendibili quanto (se non di più) quelle che produce il nostro cervello. Il secondo è il passo immediatamente successivo di sentirsi spaesati perché non sappiamo come gestire questa sensazione strana.
Li metto tutti e due insieme, ma allo stesso tempo li distinguo perché sono due momenti ben diversi.
L'ordine corretto è quello che vi ho presentato, ma l'ordine in cui ce ne rendiamo conto è esattamente opposto. Cioè prima ci sentiamo spaesati e poi ci realizziamo che il nostro corpo ha prodotto qualcosa che non ci aspettavamo.
La volta scorsa abbiamo semplicemente concentrato tutto in quella sensazione un po' ambigua che ci prende allo stomaco. Oggi la analizziamo così, dividendola in due.
Sia mai che risulta più chiara.

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mercoledì 19 aprile 2017

BABELE 6

Ciao a tutti e buongiorno, stavo pensando in questi giorni che la Babele che abbiamo introdotto non è soltanto a livello letterale, ma anche a livello fisico.
Anche qui cerco di spiegarmi meglio.
Pensate a quel crampo allo stomaco che sentiamo in precisi momenti e che tutti conosciamo bene.
A quante sensazioni si può collegare?
Mi è capitato proprio due giorni fa di ragionare insieme ad una persona che, mentre parlava, faceva sorgere in me proprio quel dubbio in merito a: siamo sicuri che stia parlando della sensazione che racconta? Non è che sta confondendo i sintomi?
Questo succede spesso, anche in medicina. Si cura una malattia che in realtà non c'è.
Mi chiedo se questo è possibile e ve lo riporto.

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lunedì 17 aprile 2017

BABELE 5

Ciao a tutti e buon lunedì di Pasquetta!
Anche in questo giorno di festa continuo a presentarvi parole.
Oggi ve ne presento una con cui mi sono spesso scontrato o meglio, una di quelle che maggiormente mi ha messo in conflitto con le persone.
Questa parola è consiglio.
Ormai avete capito che in questo mese di Aprile mi sto dedicando a tirare fuori tutte le parole che hanno portato me a ragionare in un'ottica di cambiamento di punto di vista.
Propongo questa perché le persone (ovviamente non tutte anche se devo dire buona parte di esse) tendono ad utilizzarla proprio nel suo significato contrario.
Faccio un esempio come al solito così che possiate capire.
A quanti di voi è mai stato chiesto un consiglio? Quanti di voi, data la delicatezza di una situazione,  hanno detto ciò che loro avrebbero fatto in quel determinato frangente? Quanti di voi si sono sentiti dire che avevano torto?
Ecco cosa intendo. Il consiglio viene chiesto non quando si ha bisogno di un aiuto, ma quando si cerca disperatamente il consenso di qualcuno. Lo si chiede proprio a persone specifiche non perché quelle possono aiutarci, ma perché sappiamo che possono darci ragione.
Consiglio è altro.

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mercoledì 12 aprile 2017

BABELE 4

Eccoci nuovamente tra le pagine di questo blog.
Voglio continuare con la presentazione di quanto ho iniziato con questo mese di Aprile.
Come abbiamo visto ci sono delle parole che vengono interpretate ed utilizzate in maniera, a mio avviso, impropria.
Una di queste (oltre alle altre che abbiamo incontrato fino ad oggi) è cuore.
Come già lunedì abbiamo affrontato il cervello oggi parliamo del cuore e rimaniamo in tema "corpo".
Perché cuore viene interpretato in modo errato? Semplice: non lo ascoltiamo.
Io sono convinto che il cuore è responsabile della produzione di tutte le nostre emozioni e credo che lo si debba ascoltare perché dà informazioni molto più importanti di quello che sembra.
Quando lunedì scorso dicevo che siamo da sempre stati abituati a dire che bisogna usare il cervello e che lo dobbiamo usare per tutto intendevo proprio questo. Ma vi faccio una semplice domanda. Siete mai riusciti a convincere il vostro corpo di non essere innamorati di una persona?
Ecco. Il cuore decide e produce sensazioni. Il cervello le analizza e le rende riutilizzabili come esperienza.
Questa è la differenza, queste le funzioni.

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lunedì 10 aprile 2017

BABELE 3

Eccomi, ancora una volta a parlare di qualcosa che non avrei immaginato di trovarmi ad affrontare.
Cervello non è un termine sbagliato, ci manca, è solo usato in maniera confusa.
Con questo intendo che si dice spesso di usare il cervello quando, invece, si dovrebbe usare qualcos'altro.
La gente poi si impegna ad usare quello, non riesce, e pensa di non essere in grado. 
Cervello è un computer, registra dati e li analizza. Come possiamo pretendere di utilizzarlo quando abbiamo paura per esempio?
Ma ci dicono di usare il cervello! E ce lo dicono fin dalla scuola!
Questo mi preoccupa.
Il cervello registra e ci dà modo di analizzare le sensazioni, ma si ferma lì. 
Non cerchiamo di usarlo per tutto.

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mercoledì 5 aprile 2017

BABELE 2

Iniziamo questo discorso. Cerco di infilarmi in un territorio poco battuto.
Il primo termine che vorrei analizzare è la parola problema.
Cerco di spiegarmi meglio.
Inizio dicendo subito che la parola problema non esiste.
Andrebbe bandita dal vocalario. Sapete perché? Perché noi usiamo questa parola in modo sbagliato. Utilizziamo questa parola in maniera scorretta!
Io, con la parola problema, intendo qualcosa che ci ferma. Il problema per me é ciò che ci ferma e ci blocca.
Di solito diciamo che abbiamo un problema e non sappiamo più che cosa fare.
Io ho imparato che un problema è qualcosa che si può risolvere e lo ho imparato quando andavo a scuola. I problemi di matematica e geometria sono fatti per essere risolti! Al contrario di quanto sembra accadere a noi.
Io sostituirei quella parola con 'situazione complessa' che se non altro ci mette in una disposizione d'animo di risoluzione!
Sembra che quando abbiamo un problema non possiamo uscirne, ma la situazione reale è proprio l'opposto!
Che ne dite?

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martedì 4 aprile 2017

BABELE 1

Ciao a tutti! 
Come sempre, ad ogni inizio mese, cambiamo argomento per dedicarci a qualcosa di diverso.
Approfonditi questi temi di vitale importanza mi piacerebbe fermarmi in generale sulla confusione che mi capita spesso di trovare nel momento in cui si parla. Noto che molte persone dicono cose utilizzando termini che, quando si approfondisce un po', si scopre che fanno riferimento a qualcosa di diverso, se non di opposto.
Quello che voglio dire è che manca la chiarezza delle informazioni che abbiamo e dei termini che utilizziamo. 
È questo che intendo quando parlo di babele. Intendo confusione. Questo mese vi darò le mie idee di alcuni termini. Che ne dite di aiutarmi a capire se sono condivisibili?

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mercoledì 29 marzo 2017

CONDIVISIONE 9

Ciao a tutti, oggi scrivo un post quasi più diservizio.
Mi piace condividere con voi alcune cose del tipo:
- il libro è uscito anche sun Amazon ed Ebay. Se mettete il titolo "il viaggio per la felicità, una storia più o meno semplice" come parametro di ricerca lo trovate. E questo mi piace molto.
- oggi iniziano anche i lavori operativi con cui farò un primo collaudo delle idee che ho in testa. Vi aggiornerò su quanto succederà.

Per il resto a lunedì però ora.

Buona serata.

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martedì 28 marzo 2017

CONDIVISIONE 8

Arrivando verso la fine del nostro ragionamento sulla condivisione mi ritrovo, come sempre, a tirare un po' le fila del discorso, giusto per fare il punto e vedere se ci sono altre domane che mi vengono in mente.

In realtà le domande sono molte e le risposte anche, oltre che confuse.
Quello che cerco di fare da anni a questa parte, ormai, è creare ragionamento in chi legge. Non perchè io voglia chissà quale cosa, ma perchè credo che dal ragionamento nasca la consapevolezza e che dalla consapevolezza nasca la condivisione e la necessità di condividere.

Cosa?
Me lo chiedo da molto, ma credo che non sia importante. L'ho già detto in passato ed è una cosa di cui sono convinto.

Con chi?
Chi può dirlo! Non c'è una persona con cui condividere qualcosa. Esistono momenti in cui si sente di doverlo fare e quei momenti corrispondono a situazioni in cui ci accorgiamo che già lo stiamo facendo.

Perché?
Perchè esce. Come mi piace dire semplicemente perchè mi scappa!

Questa è l'estrema sintesi.

La mia estrema sintesi.

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giovedì 23 marzo 2017

CONDIVISIONE 7

Il discorso che faccio sempre quando mi trovo a parlare di temi come questi è che devo frenarmi. E devo farlo nel senso che poi rischio di farmi coinvolgere troppo nell'argomento e rischio di uscire dal seminato.
Condivisione è qualcosa che nasce in un momento non ben preciso e ci si accorge di essere in quello stato essenzialmente perché poi si sta bene.
Credo che quello sia il metro di paragone per definire ognuno degli stati in cui ci si viene a trovare.
Quello è ciò che ci fa rendere conto che stiamo vivendo uno stato positivo ovviamente.
Ce ne accorgiamo quando sentiamo di stare bene.
Non ci fermiamo però a capire perché stiamo bene, ma godiamo di quello stato senza farci domande. Per questo motivo, poi, non siamo in grado di ritrovare in un altro momento quella sensazione.
Succede anche per la condivisione? Secondo me si. E posso dire che succede con tutti gli altri stati, anche con la consapevolezza che abbiamo affrontato in precedenza. 
Condivisione è stare bene con gli altri, consapevolezza con sé stessi.

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lunedì 20 marzo 2017

CONDIVISIONE 6

Condivisione è qualcosa che ancora oggi mi lascia in difficoltà quando mi si presenta, perché diventa qualcosa di importante, qualcosa per cui le persone in un certo senso si legano e che contribuisce a rendere più forti.
Condividere non è forse il modo che hanno le persone per farsi forza l'una con l'altra?
Io mi fermo spesso su cosa sta prima e su cosa sta dopo queste sensazioni, ma sono sicuro che il miracolo si compie nel mezzo. Il legame arriva dopo l'inizio e prima della fine..passatemi questi termini.
Condividere è fare in modo che le persone leghino un po' tra di loro. Condivisione non è forse un inizio di un rapporto? Anzi, non è forse l'inizio di qualunque tipo di rapporto? 

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mercoledì 15 marzo 2017

CONDIVISIONE 5

E comunque quello che ci troviamo sempre a dover verificare è da dove arriva quella sensazione.
Possiamo abbozzare un'idea di ciò che può essere per noi condivisione, ma dobbiamo essere capaci di rintracciarne la provenienza per poter essere capaci di riconoscerla una seconda volta.
Dico questo perché è la provenienza che ci frega, che ci fa dire che non sappiamo e che non siamo capaci.
Dobbiamo essere in grado di capire che quella sensazione arriva esattamente da quel posto e non da un altro perché è questo che ci dà la certezza di essere sulla strada giusta.
Non possiamo parlare di condivisione e concentrarci sul canale di comunicazione. Quello è diverso per ognuno di noi. Dobbiamo concentrarci su ciò che ci porta a quella sensazione! Solo questo ce la farà riconoscere. Solo questo ci permetterà di goderne appieno perché sapremo che è proprio quella e che arriva proprio da lì.
Continuo a complicare i concetti, ma pensateci. È importante. 

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lunedì 13 marzo 2017

CONDIVISIONE 4

Spesso mi trovo a chiedermi come mai trovo difficoltà nell'usare il termine condivisione.
In realtà lo uso spessissimo, ma tutte le volte mi sembra che non sia mai il termine corretto per quello che voglio dire.

Io penso che condivisione sia uno stato in cui ci veniamo a trovare nel momento in cui viviamo particolari sensazioni che ci portano determinate condizioni.
Non è chiaro, vero? 

Non so come dirlo diversamente. Penso che condivisione non sia un qualcosa che facciamo attivamente. Non è che ad un certo punto decido di condividere (a meno che stiamo parlando della riunione al lavoro ovviamente), ma succede che mi trovo a vivere una serie di situazioni che mettono il mio cuore e quello di un'altra persona in una situazione per cui ci troviamo a farlo senza accorgercene.

È strano? Pensateci, ma sono convinto che succeda proprio così. 

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mercoledì 8 marzo 2017

CONDIVISIONE 3

Oggi vorrei fare un discorso un po' particolare dal momento che il post di oggi cade nella giornata della festa della donna.

L'argomento è sempre quello che abbiamo iniziato a trattare questo mese e colgo l'occasione per fare i miei particolari auguri parlandone.

Condivisione è qualcosa che le donne hanno nel loro DNA.
Se condivisione è davvero rompere qualcosa per permettere a tutti di viverlo possiamo dire che le donne sono campionesse in questo.
Noi uomini ci lamentiamo spesso di averle a fianco perché parlano un sacco, non sono comprensibili a tutti, sono lunatiche e chissà ancora cosa.
Ma la verità è un'altra. Noi ne abbiamo bisogno. E ne abbiamo bisogno perché sono loro che condividono con noi le cose belle della vita aiutandoci a perderne coscienza davvero.
Ne abbiamo bisogno perché se condividere è davvero prendere la propria vita e fare in modo che qualcuno la viva e la riempia di senso, abbiamo bisogno di loro perché la nostra vita abbia la dignità di essere vissuta.
Ne abbiamo bisogno perché, donandoci i figli, ci fanno capire cosa vuol dire avere una parte di te fuori dal tuo corpo.
Ne abbiamo bisogno perché, in fondo, tutte le volte che piangono loro vorremmo farlo anche noi, solo che danno a noi la possibilità di essere quelli forti solo perché andiamo a chiedere come stanno.
Insomma..condivisione non è forse essere capace di farsi capire quando si è esseri così eccezionali? Non è forse essere capaci di farsi amare da persone alle quali va insegnato come si fa? 

Se anche questo è condividere voglio ringraziare le donne che hanno fatto questo per noi.

Grazie più che auguri.

Di cuore.
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lunedì 6 marzo 2017

CONDIVISIONE 2

Eccoci ancora qui a parlare di un tema abbastanza complicato. 
Ora tocca a me dare una definizione di condivisione, o meglio, la mia definizione di condivisione così che si possa iniziare un ragionamento che, a tutto tondo, ci possa portare ad avere idee e nuovi elementi su cui lavorare.

Condivisione è il prendere qualcosa e farne un pezzo con qualcun altro.
Me la cavo così facilmente.

Però cerchiamo di ragionare su questa cosa. Cosa vuol dire prendere qualcosa e farne un pezzo con altre? Non vuol dire forse romperla? Possiamo forse condividere qualcosa di rotto con qualcuno o forse non si tratta proprio di qualcosa di rotto? 
Ormai sapete che io scrivo in modo molto strano ed avete capito che non mi fermo alla superficie delle cose di cui parlo.

Per me condividere vuol dire sacrificio perché prendo qualcosa di mio e cerco di spiegarlo ad un'altra persona. Come? Facendoglielo vivere. 
Come si fa a farglielo vivere? Cercando di adattarlo a quella persona, facendolo a pezzi e dandoglielo pian piano perché anche quella possa vivere quel preciso istante.
Condividere non è semplicemente dividere con qualcuno, ma dividere per qualcuno.

È forse in quel per che sta l'essenza del mio significato.

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mercoledì 1 marzo 2017

CONDIVISIONE 1

Eccoci al primo punto di un nuovo argomento.
Mi piacerebbe parlare della condivisione.

Prima di tutto spero che abbiate capito quale sarà la modalità che voglio applicare per affrontare questi argomenti sempre diversi.

Iniziamo dandoci una sorta di metodo. 
Partiamo dalla base.
Cos'è la condivisione?

Lascio a voi li spazio.

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domenica 26 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 7

Ciao a tutti e benvenuti a quello che è l'ultimo appuntamento di questo mese con il nostro tema della consapevolezza.
Ormai è un mese che stiamo ragionando insieme su questo e vi ringrazio.

Volevo concludere soltanto facendo un breve punto della situazione ed anticipando quello che sarà il prossimo tema di cui voglio parlare.

Per chiudere il discorso mi piacerebbe riflettere sul fatto che consapevolezza è qualcosa che non possiamo toccare, ma dobbiamo sentire. Credo che questo sia fondamentale dal momento che siamo sempre orientati a cerca qualcosa che rimanga nelle nostre mani, quando invece, certe cose, restano dentro di noi come esperienza.

Tutto il discorso che è stato fatto in questo mese a partire dall'analisi della nascita, diverse teorie sul suo effetto ed un'analisi abbastanza approfondita su quella che è la sua essenza ci ha portati a dire che consapevolezza è una di quelle parole che va rivista nell'ottica del cambiamento del punto di vista.

Questa come tante altre che vedremo da qui a spero molto tempo.

Spero di essere riuscito a darvi un'idea nuova e più o meno chiara di quello che è il mio parere in merito!

Adesso proviamo con un altra parola. Condivisione.

A mercoledì.

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martedì 21 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 6

Stiamo velocemente arrivando alla parte finale di questo primo affondo sulla consapevolezza.
Ho voluto iniziare con questa perché penso che tutto parta da lì. Non possiamo prescindere da quella se stiamo cercando di raggiungere la felicità in qualunque sua forma.

Mi ricordo che è davvero passato un sacco di tempo da quando mi sono fatto per la prima quella domanda che mi ha portato oggi a fare tutto questo che state leggendo, ma meno male che è arrivato quel momento e che è arrivato in quel preciso istante.
Quando parlo di consapevolezza mi vengono in mente un sacco di cose, se do ascolto a quanto sento mi arriva la rabbia, ma anche la pace, la gioia, ma anche la tristezza.
Insomma, apparentemente una gran confusione.

Quello che sto cercando di passare a chi è che la consapevolezza passa da qualcosa che possiamo ben individuare e che possiamo riconoscere.
Consapevolezza può essere il primo passo per la felicita?

Penso di si.

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lunedì 20 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 5

Eccomi qui come al solito a ragionare di cose che farebbero venire mal di testa ai più, ma non posso proprio farci nulla.
È da tantissimo che mi chiedo cosa sia questa consapevolezza e che mi chiedo come si manifesti nel dettaglio e sono arrivato a scrivere che passa senza quasi che ce ne accorgiamo.

Sapete perché lo scrivo? 

È molto semplice. Perché molti di noi sono più belli di quanto credono.
Molti di noi sono più umani di quanto credono ed anche se ci sentiamo delle specie di extraterrestri dobbiamo sapere che quello è il momento in cui sta succedendo qualcosa. Quello è il momento in cui dobbiamo renderci conto che, forse, la consapevolezza sta arrivando.

Molte persone si lasciano andare dicendo che stanno impazzendo o chissà cosa quando invece dovrebbero ascoltare quello che succede perché il cambiamento arriva da condizioni differenti!

Consapevolezza è cambiamento! È cuore, cervello e corpo che subiscono una variazione.

Ascoltateli! Siete più belli di quanto credete. 

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mercoledì 15 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 4

Fino ad ora abbiamo visto cos’è la consapevolezza, dove nasce (anche se le più diverse teorie sono assolutamente ben accette e vi invito a farmele notare) ed ora mi piacerebbe capire dove si manifesta.

Sempre partendo dalla mia teoria che sto proponendo e che sto affrontando post dopo post, posso affermare che la consapevolezza agisce nella pancia ed, in generale, agisce in tutto il corpo.
Come Carolina dice, lei che in questo periodo mi anticipa e che coinvolgo con piacere, non sono convinto che nasca nella pancia, ma piuttosto direi che nel corpo trova la sua manifestazione piena.

Posso affermare con buona certezza (che arriva semplicemente da mia esperienza personale) che nasce nel cuore dove nascono le sensazioni che proviamo dopo e che si manifesta in generale nel corpo perché la consapevolezza di situazioni diverse, provoca effetti diversi in diverse parti del corpo.
Quello che si sente nello stomaco, nella schiena o sul collo come rigidità o rilassatezza non è la consapevolezza, ma la sensazione che provoca.
Quello che sentiamo è conseguenza e come tale va considerata.

Credo che sia importante questa distinzione in quanto c’è il concreto rischio di confondersi.

Io sto cercando di dare un ordine a qualcosa che non ha neanche una sostanza, ma che ci capita di vivere spesso.
È una sensazione che nasce dal cuore perché è la prima cosa che cambia di stato nel momento in cui sta per arrivare e produce effetti nel corpo che la vive.

Non possiamo qualificarla perché non possiamo fermarla ed inquadrarla. Passa rapidissima e lascia effetti che ci fanno capire di averla provata. La definisco come sensazione perché è ciò che maggiormente ci si avvicina, ma quello che deve essere chiaro è che l’unica cosa che ci rimane di quella è la sensazione che provoca prima di arrivare e dopo il suo arrivo.
Dobbiamo essere bravi nel riconoscerla.




lunedì 13 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 3

Come è ormai venuto fuori, e ringrazio Carolina che lo ha detto in maniera molto chiara, quando arriva al cervello non è più consapevolezza.
Mi spiego facendo una domanda, che è la seguente:
avete mai pensato che il cuore possa essere uno strumento di produzione?
Voglio dire che le sensazioni nascono nel cuore e producono quelle reazioni del corpo che ricorda e le va a cercare. In questo senso parlo del cuore come strumento di produzione, perché il cervello si limita a registrare il dato e ad elaborarlo.

Se diciamo che la consapevolezza nasce dal cuore diciamo qualcosa di sbagliato?
Se consideriamo il cuore come la struttura produttrice di sensazioni siamo tanto lontani dalla realtà?

Io sono convinto che dobbiamo riclassificare tutti i nostri strumenti perché ci è stato insegnato “male” ad usarli. Ci è stato insegnato che il cuore serve a ed il cervello serve a..
Ma credo che manchi un passaggio, un passaggio importante. Cuore e cervello producono cose diverse e bisogna capire per bene cosa producono per poterli usare al meglio.


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mercoledì 8 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 2

Quello che mi viene in mente quando parliamo di consapevolezza è che stiamo parlando di una sensazione, di qualcosa che nasce dentro di noi e che noi abbiamo, ad un certo punto, come un dato di fatto.
Voglio dire che consapevolezza, nel mio modo di vedere, è qualcosa che ad un certo punto ci accorgiamo di avere e chi dà coraggio per fare finalmente qualcosa.

Mi piacerebbe indagare cosa sta prima del momento in cui ci accorgiamo di essere consapevoli, cosa succede nel mentre e cosa ci può portare su quella strada in modo da non arrivare soltanto ad un punto in cui, se siamo fortunati, ci accorgiamo di essere consapevoli, ma per poter ricercare ed individuare la strada che ci porta alla consapevolezza per poterlo diventare autonomamente.

Credo, anzi sono abbastanza sicuro che consapevolezza nasca nel cuore e venga elaborata come dato dal cervello.

Ma cosa succede nel mezzo?


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lunedì 6 febbraio 2017

CONSAPEVOLEZZA 1

In questo periodo iniziale ci siamo fermati a discutere e ragionare su argomenti differenti, abbiamo chiuso un cerchio che mi interessava affrontare subito, abbiamo ascoltato le idee di chi ha deciso di scrivere su queste pagine e direi che abbiamo iniziato a conoscerci in maniera decisamente più approfondita.
A questo punto, pero, voglio scendere un po’ di più nei dettagli ed affrontare il primo tema che mi impegnerà per tutto il mese perché già, di tutto il mese si tratta. Mi piacerebbe coinvolgervi in un percorso che affronterà temi differenti ogni mese.

Dal titolo del post avrete sicuramente capito che il primo che affronteremo sarà la consapevolezza.

Come al solito parto da una domanda molto semplice.

Cos’è la consapevolezza? Come viene categorizzata dalle persone? Dove nasce la consapevolezza? Come posso essere sicuro di averla raggiunta ammesso che si possa?

Parto già con delle domande anche se so che qualcuno vorrebbe da me delle risposte, ma ho prima bisogno di capire altri punti di vista perché voglio ragionare insieme a voi.





mercoledì 1 febbraio 2017

BREVE RIFLESSIONE ESISTENZIALE - MARTINA BOCHICCHIO

Ciao a tutti!
Come promesso ecco il primo scritto NON MIO che viene pubblicato su questo blog! E, sinceramente, spero che non sia l'ultimo.
Ringrazio Martina che mi ha fatto questo bellissimo regalo e vi lascio alla lettura.

"La felicità è un qualcosa di intangibile ed astratto che non si può ben definire, è forse una sensazione a cui ambiamo ardentemente, è un perpetuo obiettivo da raggiungere, un fine che spesso non sappiamo dove realmente ci condurrà.
Come ci insegna Bauman “l’evoluzione è stata verso un’esperienza della felicità legata direttamente al piano della vita quotidiana, che nella contemporaneità ha indebolito l’idea della felicità come obiettivo. A ciò si lega anche la parallela evoluzione del concetto di desiderio. Ora non ci si ferma soddisfatti, e felici, quando un nostro desiderio si realizza. Piuttosto, ci si spinge subito a desiderare qualcos’altro che ci possa soddisfare in maniera migliore. Desideriamo il desiderio più che la realizzazione di esso. Quest’atteggiamento dà luogo a una catena tendenzialmente infinita di frustrazioni e insoddisfazioni”.
Questo concetto ci viene inculcato continuamente dalla società in cui viviamo e dai suoi schemi, è davvero difficile slegarsene. La vita frenetica di oggi non ci dà spazio per fermarci e riflettere su cosa sia realmente importante. E’ una continua lotta per la sopravvivenza, per restare al passo con i tempi per non restare schiacciati da quella che è la gigantesca e paurosa macchina del sistema che muove ogni cosa facente parte di questa società. Siamo tanto presi dal non restare indietro che spesso ci dimentichiamo cosa significa davvero vivere.
Io credo che uno dei problemi fondamentali è che spesso siamo impassibili o siamo semplicemente troppo disinteressati dal guardare le cose belle che ci circondano perché troppo presi da mille preoccupazioni che ci affliggono tutti i giorni, non siamo più in grado di sorprenderci. La felicità ci può sembrare spesso solo un’utopia in questa vita di continui alti e bassi, dove tutto sembra perennemente sospeso in equilibrio su una corda di sensazioni ed umori instabili, ma io credo che il bello della vita sia proprio questo.
In una calda giornata primaverile non vediamo l’ora che arrivi l’estate, che ci dimentichiamo del grigio freddo infernale che l’aveva preceduta. Godersi l’attimo è alla base della felicità, perché spesso il fardello più pesante che ci portiamo sulle spalle ce lo siamo caricati noi stessi. Capito questo le porte della felicità sono aperte a tutti se siamo in grado di vederle. In fin dei conti la felicità è fatta proprio di questo, di piccole cose, che sono proprio quelle a dare colore alla vita.
In un libro che sto leggendo proprio in questi giorni, di Haruki Murakami, il protagonista non è soddisfatto del panino che ha ordinato in un locale e vuole lamentarsene con la cameriera per farsene portare uno migliore. Ma si guarda intorno e vede che agli altri tavoli nessuno sembra insoddisfatto delle pietanze del locale ed allora decide di lasciar perdere perché in fin dei conti “E’ perché abbiamo delle aspettative che si resta delusi”. Con ciò non dico che non bisogna avere aspettative o porsi degli obiettivi, ma dico che non dobbiamo focalizzare la nostra intera esistenza sulla base di queste esigenze.
Riuscire a vedere il bello nelle cose quindi non è semplice, ma bisognerebbe sforzarsi e riflettere maggiormente sulle cose, bisogna tentare di ampliare la nostra percezione sul modo di vedere e quando saremo in grado di sorprenderci anche per le piccole cose e di andare avanti sempre con il sorriso, allora avremo raggiunto il nostro piccolo angolo di felicità interiore.
Quindi per me la felicità non è altro che il riuscire ad apprezzare tutto quello che la vita ha in servo per noi, non bisogna mai lasciarsi abbattere o sentirsi sconfitti, perché la vita è solo una e siamo noi gli artefici in grado di cambiarla per renderla il più spettacolare possibile."

Martina Bochicchio

consulenza.orientamente@gmail.com



lunedì 30 gennaio 2017

CHIEDENDO SUPPORTO

Dopo un inizio così lanciato, dopo aver fatto già il primo punto della situazione, ora sono a chiedere supporto, sono a chiedere il parere di qualcun altro per avere altre idee di felicità.
Alla fine, ho scoperto che chiedere supporto, chiedere aiuto, viene considerato come negativo perché segno di debolezza, ma io penso che sia il modo più semplice per raggiungere un risultato.
Come al solito cerco di spiegarmi.

Come al solito, quando mi fermo a pensare alle situazioni, mi accorgo che ad apparire sbagliato non è il concetto in sé, ma l’applicazione che ne facciamo noi persone.
Non è sbagliato chiedere aiuto, ma può diventarlo se lo facciamo nel modo sbagliato o, addirittura, se facciamo una cosa diversa convinti che stiamo lanciando una richiesta di aiuto.

Chiedere supporto (badate bene che nel titolo non ho scritto apposta chiedere aiuto) è differente in quanto implica che la persona che chiede è disposto a lavorare per venire fuori dalla sua condizione.

Perché dico questo?

Perché ultimamente, chiedere aiuto viene inteso come: “Fai tu per favore?”

Correggetemi se sbaglio.

Io ho chiesto supporto, ho chiesto che qualcuno mi dicesse la sua idea di felicità. Beh, qualcuno lo ha fatto.

Mercoledì leggerete cosa ha scritto. Le lascerò la pagina libera.

consulenza.orientamente@gmail.com



mercoledì 25 gennaio 2017

DOVE VOGLIO ARRIVARE?

Anche questa è proprio una bella domanda. Sapevo che, prima o poi, avrei dovuto affrontare l’argomento.
Cerco di darvi la mia direzione, giusto per farvi capire almeno dove sto andando.

Tutto questo è iniziato davvero troppo tempo fa per ricordare cosa è stato a far partire il meccanismo. È evidente che so bene la situazione che mi ha portato qui, ma il momento esatto ormai fa parte di me senza che ve ne possa dare spiegazione.
Di certo so che non è più importante quel preciso istante, qualunque esso sia, ma è importante che sia successo qualcosa che mi ha portato qui oggi.

Dove voglio andare penso che sia ormai chiaro, nel senso che la direzione che ho preso è quella per la felicità, ma so che è il percorso che può risultare strano ai più.
Molte persone stanno seguendo il mio stesso obiettivo, ma la strada che ognuno di noi sta seguendo è, spesso, completamente differente.

È possibile?

È vero che per andare a Roma ognuno percorre una strada diversa perché parte da un punto diverso, ma io vedo che la differenza sta nel fatto che ognuno raggiunge qualcosa convinto di essere arrivato nel mio stesso punto. Come se io arrivassi a Milano e dicessi: “finalmente! Roma è meravigliosa!”

In questi casi mi fermo e mi faccio la domanda che dà il titolo al post. Dove voglio arrivare? Siamo sicuri che la strada sia giusta? Quando ho visto l’ultimo cartello che mi diceva di essere sulla buona direzione?

Io credo che il punto di partenza sia importante, ma dovremmo essere in grado di capire se stiamo andando dalla parte giusta! Se io parto da Milano per andare a Roma e vado verso sud, se incontro a Parma una persona di Napoli che mi dice che sta andando a Roma e per farlo sta andando a nord, devo essere capace di capire che la strada è un’altra! Ma devo anche essere capace di dimostrare a quella persona che io ho ragione! E devo anche rimettere in discussione la mia di strada perché magari sono io quello fuori percorso!

Insomma, dove voglio andare?

L’obiettivo è chiaro, la strada è incerta.




lunedì 23 gennaio 2017

COSA VOGLIO DIRE?

Con l’ultimo post abbiamo chiuso un cerchio e credo che ne chiuderemo degli altri, ma ora ho bisogno di fermarmi un attimo perché credo che ce ne sia bisogno.
Mi faccio spesso questa domanda, credo che saranno quindici anni buoni ormai che mi chiedo cosa voglio dire ogni volta che mi viene in mente un pensiero di qualsiasi tipo.
È quasi come se dovessi cercare una giustificazione a quanto mi sta passando per la testa ed è, allo stesso tempo, come se stessi cercando di trovare una collocazione a quel pensiero. Spesso parliamo di immagini o suoni, ma anche di frasi che capitano nel bel mezzo di un fare nulla e che si trasformano in pensieri che diventano spesso le cose che scrivo.

Spesso mi chiedo se sono l’unico a chiedermelo o se ci sono anche altre persone che lo fanno.

Sembrerà strano, ma ho scritto un libro ed ora mi chiedo che cosa voglio dire con tutto quello!

Insomma, dopo tutti questi dubbi, posso affermare che sono sulla strada giusta.

Perché? Perché se dovessi smettere di chiedermi perché mai mi vengono in mente pensieri di questo tipo, probabilmente non avrei più nulla da fare.





martedì 17 gennaio 2017

CORAGGIO

“Forza e coraggio!” mi sono sempre sentito dire quando c’era qualcosa che andava fatto, ma che non era il massimo per quanto riguardava il divertimento o la piacevolezza dell’attività, ma non voglio parlare di coraggio inteso in quel modo.
Come ho sempre detto bisogna essere consapevoli delle parole che stiamo usando e del significato che queste hanno, perché se no, diventa difficile farsi capire in quelle che sono le vere intenzioni che abbiamo in mente.
L’italiano è una lingua molto complessa con moltissimi termini che, spesso, vengono usati in maniera scorretta per indicare qualcosa che, alla fine, non si capisce.

Fatta questa premessa voglio dire che, per uscire da una situazione abitudinaria ci vuole coraggio, quel coraggio che, dopo, ci costringe ad avere paura.

Con questo vi dico che abbiamo chiuso il cerchio che abbiamo iniziato con il primo post e con tutte le discussioni fatte sul tema della paura.
Il coraggio che ci potrebbe spingere ad uscire dall’abitudine è quello che ci fa stare lontani dalla nostra zona di confort, come va di moda dire in questo periodo.
In effetti è vero. Pensate alla situazione in cui siete fermi nel vostro allenamento e questo diventa un ripetere delle attività ormai non più finalizzato ad imparare, ma a fare finta di fare allenamento verso un obiettivo. Sapete perché, ad un certo punto, non si migliora più? Perché non si ha il coraggio di affrontare qualcosa che bisogna imparare di nuovo da zero semplicemente perché non lo si sa fare.
L’allenamento porta a migliorare se siamo in grado di alzare il tiro ogni volta.
Il coraggio porta un miglioramento se ci spinge a provare quella sensazione che abbiamo ampiamente analizzato e che è definibile come “paura”.


Facciamo sintesi:


                                                                PAURA    DESIDERIO
                                                                             🔃
                                                        CORAGGIO    ALLENAMENTO     

Partite pure da dove volete.
                                                            




lunedì 16 gennaio 2017

ABITUDINE

È da un po’ che abbiamo iniziato a discutere di tanti argomenti interessanti e mi avete dato moltissimi spunti davvero incredibili, ma vorrei analizzare uno dei diversi intoppi di grandi dimensioni che possiamo trovare lungo la strada del nostro cammino verso la felicità.
Fino ad ora abbiamo incontrato la paura, siamo passati al desiderio per arrivare all’allenamento e adesso? Dopo tutta questa fatica siamo pronti per cadere nell’abitudine?

Mi spiego meglio.

Pensate di aver trovato una strada interessante da percorrere e di aver fissato i vostri obiettivi in modo da arrivare alla vostra felicità. Immaginate proprio di aver pianificato un percorso fatto di obiettivi a medio e lungo termine e di aver pianificato anche un piano di allenamento duro e faticoso.
Avrete sicuramente pianificato attività di allenamento quotidiano, da fare in un certo modo e con una certa ritualità.
Iniziate con entusiasmo e gioia finché non scoprite che l’allenamento è più duro del previsto ed i risultati non arrivano come avevate programmato e raggiungete minimi traguardi in tempi secondo voi troppo lunghi.
Scoprite che imparare l’inglese non è poi così semplice e che dovete fare gli stessi esercizi per molto tempo prima di poter fare un piccolo gradino in più.
Ecco che vi trovate tutti i giorni, alla stessa ora dopo il lavoro, a fare sempre le stesse cose per migliorare una pronuncia di un “th” che proprio non vi viene.

Quanto ci vuole prima che il metodo diventi un’abitudine?
Il rischio è davvero dappertutto in quello che facciamo?

consulenza.orientamente@gmail.com



mercoledì 11 gennaio 2017

ALLENAMENTO

L’ultima volta vi ho lasciati con un’idea complessa che in pochi hanno forse finora legato al concetto di felicità. Ho parlato di allenamento.
Cosa vuol dire legare il concetto di allenamento all’idea di felicità?

Apparentemente sembrano due cose così distanti, ma la discriminante è sempre il significato che diamo alle parole che usiamo.
Vi faccio una domanda:
Quando volete imparare a fare una pizza, non vi resta altro che mettervi lì e provare. Bisogna fare una volta, poi due, tre e man mano che aumenterete le volte sicuramente perfezionerete la tecnica ottenendo una pizza via via sempre migliore.
Forse, con questo esempio, non vi risulta ancora chiaro come possa essere legata alla felicità l’idea di imparare a fare la pizza.
Mi spiego meglio.
Chi vuole imparare a fare la pizza è perché ha una certa passione per quel piatto, può essere?
Imparare a farla bene non ci aiuta a perfezionare una passione?
Perfezionare una passione non ci rende felici?

Cosa voglio dire con tutto questo?

Felicità non è definibile con delle parole, ma con delle sensazioni. Felicità non si raggiunge, ma si prova.

In quest’ottica intendo fondamentale l’allenamento.

Se vediamo la felicità come una sensazione e l’allenamento a provare quella sensazione come un passo necessario, riusciamo a vedere più legate queste due parole?